Bologna, via del Pratello, gennaio 1994. Verso mezzanotte, in un locale pieno di gente con musica alta vagamente spagnoleggiante, un uomo vestito da toro e da torero allo stesso tempo, incornava i danzanti e si difendeva da loro a ritmo di musica. Si era fatto il cappello da torero con una tovaglia scura e portava una camicia con le sue iniziali annodata sulla poca pancia. Era Aldo Mondino nel pieno del suo splendore.Da lì a poco cercai il suo contatto: volevo conoscere l'uomo che aveva appena vinto alla Biennale di Venezia con il Padiglione Italia, portando dei Dervisci dalla Turchia e tele meravigliose.Mi accompagnò da lui nel Monferrato Giuseppe Pero. Fu molto gentile ad accompagnarmi.Aldo viveva in casale-museo. Anzi direi un casale-tendone, tra il piemontese e il marocchino! Come in tutte le case nobili marocchine che si rispettino, oltre a letti a baldacchino e tappeti a non finire, nel bel mezzo del salotto c'era una piscina-hammam con il pavimento simile a un tappeto persiano. Credo si possa facilmente immaginare il resto. Come non lavorare con un personaggio simile!Il problema era che faceva solo quadri a grandezza naturale o più e all'epoca io avevo solo i 2 metri per 7 della galleria di Forte dei Marmi. Temetti di tornare indietro a mani vuote.“Ma no!” – disse lui - “C'è sempre una prima volta! Ti preparerò venti piccoli disegni stupendi ... Così con i dildi che mi darai potrò pagare le spese per deumidificare la casa!”Nacque così la prima mostra con Aldo: "La danse des Jarres", a cui ne sono seguite altre, sempre emozionanti e divertenti. Nel 2005 ci ha lasciati ed io ne soffro ancora la mancanza.
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