02.08 - 02.09.2025

L'infanzia del Mito

Veronica Fonzo

L'infanzia del Mito

L’infanzia del mito
di  F.Pichler

Pigmalione era uno scultore. Il mito racconta che, innamorandosi della sua scultura femminile, dedicò i suoi giorni a prodigare amore alla nuda pietra. Alla fine, il suo perseverare germogliò in un miracolo: Venere, impietosita, tramutò la pietra in carne e anima. La statua divenne donna, capace finalmente di corrispondere a tanta passione.
In psicologia si parla dell’effetto Pigmalione: un approccio che spiega la logica alla base di ogni “profezia che si autoavvera”. Le aspettative che nutriamo verso un’altra persona influenzano il suo agire e le sue prestazioni. Se crediamo in un bambino e gli trasmettiamo fiducia, aumenteranno sensibilmente le sue possibilità di successo. Al contrario, un atteggiamento negativo condizionerà in modo oscuro i suoi risultati.
Quando si chiude un racconto, quando finisce una biografia, sembra che il destino impresso fosse inevitabile. Ma nelle prime pagine di ogni vita è ancora possibile scrivere qualunque finale: l’infanzia è quel momento in cui la fortuna non ha ancora lanciato i suoi magici dadi. Tutto è ancora possibile.
Cosa sarebbe accaduto se al Minotauro fosse stato donato l'affetto di sua sorella Arianna, anziché l’inferno del labirinto? Se avesse ricevuto la compagnia della sua famiglia, e non la devastante solitudine? Sarebbe diventato il mostro che il mito racconta, o un luminoso eroe?
Veronica Fonzo immagina l’incontro tra il Minotauro e sua sorella: due infanti privi di paure e pregiudizi, che ci raccontano una storia di speranza. Si tengono per mano, attenti a ciò che li unisce, ignorando ciò che li separa. Julio Cortázar ipotizza che il filo di Arianna, consegnato a Teseo, fosse in realtà destinato al Minotauro, suo fratello, per permettergli di uscire dalla prigionia: una storia d’amore che non fu possibile.
Veronica Fonzo gioca con le possibilità mai avverate. Immagina altri finali, destini mai scritti. Perché ogni bambino è un mito ancora da narrare. L’infanzia è sempre una speranza che germoglia in felicità... se l’uomo non la calpesta o non la abbandona nel dolore dell’orfanità.
Il destino di Narciso – crudele con tutti e vittima della propria accecante bellezza – avrebbe avuto un altro esito se una Dea avesse guidato i suoi primi passi, allontanandolo dal suo egocentrismo suicida. Cosa avrebbe potuto insegnarci l’uomo più bello del mito sulla grazia stessa, se non fosse annegato nella propria follia?
I miti che conosciamo sono storie concluse, inappellabili nel loro verdetto. Ma ci sono ancora tanti miti da scrivere. Ogni bambino che nasce ha ancora il suo destino da raccontare. E spetta a noi, pubblico silenzioso e spettante, il compito di leggere quelle vite nel giusto modo, accompagnandole verso la bellezza e la felicità.

 

Pietrasanta, 2 Agosto 2025

 

 

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